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La bottega del legno della famiglia Rapparini

storia

Scheda

Nome Descrizione
Indirizzo Via Garibaldi, 37
Telefono 051 6928286
EMail cultura@comune.budrio.bo.it
Apertura La Bottega è visitabile ogni terza domenica del mese, in occasione dell'evento "Incanti & Mercanti" oppure previo appuntamento con l'Ufficio Cultura
Tariffe Ingresso gratuito ogni terza domenica del mese
Modalità di accesso
ogni terza domenica del mese o su appuntamento
La bottega del legno della famiglia Rapparini è stata inaugurata il 26 settembre 2015, nell’ambito della rassegna dedicata alla notte dei musei.
Una sala, al n. 37 di via Garibaldi, accoglie in maniera permanente la donazione effettuata da Nadia in ricordo del padre Adriano Rapparini.
Il grande affetto per le proprie vicende famigliari e l’importanza assegnata alla storia, sentita come un patrimonio comune, hanno guidato Nadia in questo progetto nato alcuni anni fa. L’idea iniziale, soltanto abbozzata, ha acquisito nel tempo nuove ispirazioni e si è orientata in diverse direzioni.
La ricerca sulla storia della famiglia Rapparini, sulla falegnameria e sull’artigianato è stata affidata a Leonardo Arrighi, curatore della pubblicazione “ La bottega del legno della famiglia Rapparini – Falegnami a La Motta dalla metà del 1800”, presentata il giorno dell’inaugurazione.
La ristrutturazione e l’allestimento dello spazio espositivo hanno richiesto l’intervento dell’architetto Maria Cinzia Chiodini.
La costante collaborazione di Lorella Grossi, direttore dei musei di Budrio, ha rivestito un ruolo insostituibile nella nascita della Raccolta.
L’avventura artigianale, lunga oltre 150 anni, della famiglia Rapparini permette di confrontarsi con i mutamenti che hanno coinvolto la società budriese, capace di incarnare l’evoluzione tipica dell’Italia intera.
Attraverso la tenacia di Nadia, che ha scelto di farsi carico di una vera “impresa”, dal 26 settembre 2015 è possibile immergersi in un mondo ormai perduto, ma da cui abbiamo ancora molto da imparare

Squadre, pialle, raffietti, gavoli, mazze, lime, sgorbie, spazzole, seghe, morsetti e tanto altro, il tutto per far ruote da carro, tini e botti, porte e finestre e perfino argani per sollevare le statue religiose. Un universo tutto tondo che ruota attorno al grande banco da lavoro della bottega dei falegnami Rapparini a La Motta di Vedrana di Budrio.
Oggi questo piccolo mondo, strettamente legato per oltre un secolo all’economia delle campagne e alla vita della gente, si trova in una stanza nel centro storico di Budrio. Perché?
Certo perché la falegnameria, tramandata di generazione in generazione dai Rapparini fino ad Ottorino, l’ultimo del mestiere, a La Motta di Vedrana non c’è più. Quel mondo contadino al quale era legata la sua produzione è stato superato dalla meccanizzazione e dall’industria. Non si fanno più le ruote di legno, neppure le botti e i tini per il vino, sostituiti oggi da contenitori in acciaio. La società è progredita, e gli utensili dei Rapparini testimoniano l’esistenza di una civiltà semplice, legata ai ritmi della natura, all’uso di tecniche antiche e all’impiego di materie naturali biodegradabili ormai scomparsa, superata.
Nadia Rapparini, erede di questo insieme di oggetti, ha desiderato realizzare, con il Comune di Budrio, una piccola sezione museale, in memoria del padre Adriano. La sua volontà non è però celebrativa, è testimoniale. L’allestimento di questa stanza, dedicata alla falegnameria di famiglia, collocata nel chiostro di Palazzo Boriani Dalla Noce e inserita nella via dei Musei di Budrio, aggiunge un tassello al mosaico ricco e sfaccettato delle raccolte storiche, artistiche e documentali della città. Ai Musei situati nei palazzi di via Garibaldi, ai Torrioni musealizzati della canapa e del Risorgimento si integra questo nuovo nucleo, che apre una finestra sulla storia di un mestiere tradizionale.

L’intervento dell’architetto Cinzia Chiodini, la ricerca dello storico Leonardo Arrighi, il dialogo continuo mantenuto tra me e Nadia, l’impegno di Nadia e di tante maestranze artigiane e volontarie ha consentito di riaprire una stanza ormai non più utilizzata, di valorizzare un chiostro molto affascinante di un antico palazzo nobiliare di Budrio, che ospita al primo piano la Biblioteca pubblica.
L’esposizione dell’unicum che era e in qualche modo è ancora e tuttora la Bottega dei Rapparini apre una porta sul mondo dell’economia rurale e artigiana, una visione di storie di vita e di mestieri che non esistono più. Si crea così un luogo della memoria che educa alla dignità del lavoro, all’impegno, alla fatica, alla responsabilità sociale. Questo è il vero e autentico significato di un nuovo spazio museale: l’opportunità per gli adulti certo, ma soprattutto per i ragazzi ed i bambini di capire le radici della nostra società e della realtà produttiva dalla quale proveniamo. Forse anche la possibilità di riscoprire mestieri e attività che, in epoca di crisi economica, possono essere esempi e modelli di produzione consapevole, per manutenere, fabbricare oggetti di vita quotidiana, senza necessariamente sempre e comunque sostituire, buttare e reiteramante acquistare.
Un elogio quindi alla semplicità del vivere e alla considerazione della fatica umana e della manifattura, ossia del lavorare con le mani, questo a mio avviso deve diventare la “Bottega dei falegnami Rapparini a La Motta di Vedrana”.

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